Lettera di risposta a Matteo Renzi

Cari colleghi insegnanti,
Renzi ci scrive… riscriviamogli! matteo@governo.it

Qui di seguito la mia lettera:

Gentilissimo Primo Ministro,

lavoro da 15 anni nella scuola e per la scuola, sono stata selezionata dall’ultimo concorso pubblico e entrata subito di ruolo, insegno lettere e un clil di francese. Non temo, quindi, nessuna verifica e valutazione. Tuttavia, sento già sulle spalle lo strapotere attuale dei dirigenti e sono terrorizzata da quello futuro che il suo progetto propone.

Riguardo ai poteri del dirigente scolastico:
1) affidargli anche l’autorità sulla nostra didattica, significherà la perdita della nostra libertà di scelta all’interno dei nostri curricula (un DS ciellino ci chiederà di insegnare il creazionismo?);
2) scegliere in una graduatoria di abilitati, non significa escludere il pericolo di nepotismo (ci sono tantissimi parenti in quelle liste e sempre più ve ne sarebbero in futuro, se il sistema di assunzioni fosse quello da lei proposto) o peggio di richiesta di mazzette (non si scandalizzi, ma in Italia quanti DS rinunceranno a un rolex o a vacanze pagate in cambio di 3 anni di lavoro?);
3) anche nel caso del DS meno corruttibile del mondo, vi è il rischio dell’ingiusto discrimine: perché in quella lista dovrebbe scegliere un insegnante con la 104 (gode il diritto di 2 mesi all’anno di assenza per malattia sua o di suoi parenti da lui assistiti) o un’insegnante incinta o con bimbi piccoli (idem) oppure ancora di “grilli parlanti”, “gufi” o consimili (bravissimi insegnanti che hanno un’idea contraria a quella del DS… anche lei li tollera appena nella sua compagine, mi sembra)?

Riguardo all’autonomia:
1) quando la scuola di quartiere era una scelta obbligata, i genitori e i professori si trovavano delle scuole tutte di medio-alta qualità, perché l’utenza era eterogenea e interclassista;
2) quando la scuola era di quartiere i presidi erano tutti mediamente dannosi e mediamente efficaci;
3) quando la scuola era di quartiere l’offerta formativa era omogenea come deve essere in una scuola pubblica.
Ora invece:
1) ci sono non più di 5 scuole buone per città, il resto è un inferno di “scarti”;
2) ci sono pochissimi presidi meritevoli e la maggioranza perniciosa;
3) ci sono quelle 5 scuole buone che arrivano a chiedere il “centone” ai genitori.

Quindi, non vogliamo altra autonomia e altro strapotere dei presidi, ma molti meno!

Non si dice nulla nella sua “buona scuola” delle classi pollaio (avere un insegnamento efficace con 34 alunni per classe è un’impresa titanica), né sulla regola che si può promuovere con tutti 6 (prima alle medie potevamo lasciare alcuni debiti; ora o si promuove o si boccia), né sui benefit spettanti ai presidi sulla base del numero studenti.
Questi tre fattori hanno contribuito alla decadenza del nostro segmento educativo:
– i presidi non vogliono bocciature, temendo perdite economiche,
– i prof. non possono lasciare debiti né bocciare,
– anche i prof. temono che le classi pollaio abbiano decrementi e possano essere accorpate, rendendoli perdenti posto.

E non analizzo gli altri punti, delegando i sindacati a ciò.

Io, personalmente, vorrei:
1) il ritorno alle scuole di quartiere, con un’offerta formativa più ampia del passato, ma omogenea,
2) nessun benefit ai presidi sulla base dei numeri degli alunni,
3) classi meno numerose,
4) una valutazione degli insegnanti sul modello francese (ispettori esterni, pareri delle famiglie, commissioni interne collegiali).

Cordialmente
Prof.ssa Cinzia Nives Di Maurorenzi-630x300

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