Io e Pennac!

io e PennacOh no, cari lettori, nessun accostamento tra la sua grandezza e la mia scrittura ovviamente. Desidero solo raccontarvi con orgoglio un incontro avuto con Daniel Pennac, uno dei miei idoli proprio ieri. What a wonderful day! O meglio, dato che abbiamo parlato in francese e del francese: quelle soirée mémorable!

Gli ho raccontato che sono cresciuta con e grazie a lui e che adesso leggo i suoi romanzi (in francese) al mio bimbo di 9 anni, del mio amore per la sua lingua dovuto anche al desiderio di potermi accostare alla sua lingua così argotique senza una traduzione e del mio esordio letterario. 
Ha dedicato a me e Marco degli autografi illustrati: ve ne mostro solo alcuni, perché gli ho presentato tutti i suoi libri che ho letto (povero, un lavoro! ) 
L’ho potuto finalmente ringraziare per tutti i bei momenti trascorsi insieme a lui

Ritornata a casa, ho avuto immediatamente voglia di scrivere la mia successiva recensione proprio su Au bonheur des ogres (titolo che lui ha gentilmente trasformato in Au bonheur de Cinzia!), che prende spunto letterariamente da Au bonheur des damesdedica_Pennac di Zola (come rivela lo stesso Pennac nella sua tetralogia), ma ancor più profondamente da un’espressione tutta francese: t’as trouvé ton bonheur? Ovvero letteralmente:  hai trovato la tua felicità, cioè ciò che cercavi? Di uso assolutamente frequente nello shopping. E, in effetti, è proprio questo il contesto che Il paradiso degli orchi ha in comune con Al paradiso delle signore, un grande magazzino, e forse anche la grande dedizione dei loro protagonisti alla famiglia. Ma qui credo che possano finire i parallelismi tra quel maestro del naturalismo e il Nostro.

Il contenuto è di un giallo, che si tiene ovviamente, con la sua indagine, il suo falso colpevole e il suo disvelarsi finale, ma non è questo che lo rende, o comunque non solo, un’opera così intrigante. Vi sono, invece, ben più innovativi i personaggi della tribù Malaussène, totalmente surreali che riescono a far apparire divertenti anche l’inquietante incapacità genitoriale della madre: Louna la maggiore e contraltare della madre, Thérèse che usa la macchina fotografica come un mago la sua bacchetta, la romantica Clara, il geniale e “diabolico” Jérémy, il Piccolo sensitivo come Thérèse e Julius il cane epilettico-visionario, più il mitico Ben. Benjamin lavora come capro espiatorio – e già questa genialata varrebbe la lettura – in altre parole, addetto alle pubbliche relazioni del grande magazzino, punching ball per tutte le rimostranze della clientela! Ed è romantico, imbranato, con un romanzo nel cassetto, devoto ai suoi fratelli, loro vero padre… insomma, impossibile non innamorarsene. Ed infatti, questa strampalata famiglia attrae magneticamente altrettanto strambi e simpaticissimi amici di una coloratissima Belleville oltre alla fascinosa Julia (all’epoca sorgeva la stella di Julia Roberts; con i suoi vaporosi riccioli rossi lo avrà ispirato?).

L’altro elemento, che fa tutt’uno con questi adorabili fuori serie, è un linguaggio vivace, metaforico, ricco, pescando a piene mani nell’argot di periferia, con un misto irresistibile tra classico e contemporaneo.

E adesso godetevi come il suo capo si lavora Ben per evitare che una cliente faccia causa all’azienda 😉

Ecco, tre giorni fa il mio reparto avrebbe venduto alla signora qui presente un frigorifero di una capienza tale che lei vi ha infornato un cenone per venticinque persone, antipasti e dolci compresi. “Infornato” è la parola giusta perché questa notte, per una ragione di cui Lehmann gradirebbe gli fornissi la spiegazione, il frigo in questione si è trasformato in un inceneritore. […]

– Il Controllo Tecnico è lei, no?

Ne convengo con un cenno del capo e balbetto che, appunto, non capisco, i test di controllo erano stati effettuati… […]

– Quanto ai danni materiali annessi che lei stessa e i suoi hanno dovuto subire […] il signor Malaussène avrà piacere a rimborsarli. A sue spese naturalmente.

E aggiunge: – Buon Natale, Malaussène!

Ora che Lehmann ripercorre la mia carriera in azienda, ora che Lehmann le comunica che, grazie a lei, questa carriera avrà fine, negli occhi stanchi della cliente non leggo più rabbia, ma l’imbarazzo, poi la compassione, con lacrime che tornano all’assalto, e che tremano ben presto sull’orlo delle ciglia.

Ci siamo, è giunto il momento di innescare la mia ghiandola lacrimale. […] Lehmann che, spietato, delinea il mio futuro curriculum. Niente affatto brillante. Due o tre lavori da fame, nuove esclusioni, la disoccupazione definitiva, un ospizio e la prospettiva della fossa comune. Quando gli occhi della cliente si posano nuovamente su di me, io sono in lacrime. […] Indietro tutta. Ritira il reclamo. Basta che si faccia valere la garanzia del frigo, non chiede altro. […] Le dispiacerebbe farmi perdere il posto alla vigilia di una festa. (Lehmann ha pronunciato la parola “Natale” una ventina di volte). […] Cinque minuti dopo, la cliente lascia l’Ufficio Reclami provvista di un buono per un frigo nuovo.

Buona lettura e buone riflessioni 🙂

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