il premio calvino su che minchione le formiche

Scheda di giudizio del Premio Italo Calvino 2010

Dichiatara fonte di ispirazione bulgakoviana per questo romanzo cui fa facile gioco l’identificarsi con un fantastico Belfagor che parla in prima persona. Tra un prologo, un primo, secondo e terzo atto, due intermezzi e cinque capitoletti e un metafisico finale, teatralmente connotato da relativi dialoghi, il testo s’apre su un miserrimo Sudamerica, ed è qui che il Diavolo innamorato della defunta Sonia la fa rivivere e chiede per lei l’immortalità, in una sorta di partita a scacchi con Dio, ricordando la propria parte nella creazione. Ma quel che si gioca è, a ridosso del Natale e in soli tre giorni, l’anima del povero ragazzo di borgata, mafioso Savvo (ed ecco gli inserti dialettali) con una ironica caratterizzazione d’ambiente ed un fondo di amaro realismo (ed è questa la miglior parte del racconto a cui si ispira il titolo) mentre le digressioni in confusi flashback a ruota libera o come esercizio di stile con qualche spiritosa battuta qua e là (c’è un corteo nuziale di Belfagor, ma perfino rapide incursioni sul monte degli Ulivi e il Golgota nel colloquio con Dio, e vari piccoli episodi inessenziali) rallentano inesorabilmente il tempo letterario sì che solo a metà si intuisce il senso e il gusto del romanzo. Né il finale a sorpresa, con un Dio che surrettiziamente sembra deludere il demonio ricreando il mondo, basta a soddisfare una lettura accuratamente e più abilmente fantascientifica, nonostante lo scoperto e continuo richiamo a contaminazioni di genere. Nella sicurezza dello stile iperletterario purtroppo viziato da eccesso di ambizioni si rintraccia certamente una notevole qualità; incoraggeremmo pertanto l’autrice a lavorare piuttosto in campo teatrale e meglio disciplinare le proprie esigenze.

[leggi la precisazione dell’autrice]

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